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Consenso informato nell’ ambito dell’ attività sanitaria

Responsabilità del medico e della struttura non si esauriscono con l’acquisizione della firma del paziente sull’apposito modulo

La legge 22 Dicembre 2017, n. 219 nel promuovere e valorizzare il rapporto di fiducia tra medico e paziente, considera il consenso informato come il momento in cui si incontrano la volontà e l’autonomia decisionale del paziente e la correttezza, competenza e responsabilità del medico e ne disciplina, per la prima volta in Italia, i contenuti, con conseguenti implicazioni sia per i medici che per le strutture sanitarie.

Primo importante elemento innovativo introdotto dal legislatore è quello di cui al comma 4 dell’art. 1 della legge n.219/17. Si stabilisce infatti che: “Il consenso informato […] è documentato in forma scritta o attraverso videoregistrazioni o, per la persona con disabilità, attraverso dispositivi che le consentano di comunicare. Il consenso informato, in qualunque forma espresso, è inserito nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico”.

Tale previsione costituisce una novità per il sistema normativo italiano, in quanto precedentemente il consenso informato non era soggetto ad alcun requisito di forma.

Vero è che l’obbligo informativo gravante su medico e struttura sanitaria non può comunque ritenersi assolto mediante la mera sottoscrizione di un generico modulo, dovendo risultare, invece, che il paziente sia stato dal medico reso ancor prima correttamente e pienamente edotto circa la sua condizione e le pratiche mediche cui essere sottoposto.

Il paziente, infatti, deve essere informato e deve ben comprendere quale sia la sua condizione (diagnosi) e la sua prognosi, su rischi e benefici dei trattamenti sanitari indicati dal medico nonché di quelli relativi ad eventuali trattamenti alternativi e deve altresì essere messo a conoscenza delle conseguenze di un suo eventuale rifiuto al trattamento.

Con la disposizione giuridica di cui si tratta, si è chiarito quale sia il ruolo del medico e quello della struttura sanitaria nel fornire informazioni al paziente.

Il comma 9 dell’art.1, infatti, stabilisce che: “Ogni struttura sanitaria pubblica o privata garantisce con proprie modalità organizzative la piena e corretta attuazione dei principi di cui alla presente legge, assicurando l’informazione necessaria ai pazienti e l’adeguata formazione del personale.”

Trattasi, quindi, di un obbligo ripartito tra medici e struttura sanitaria, ciascuno con responsabilità proprie: se gli obblighi più significativi per il medico sono quello di rendere comprensibile l’informazione, acquisire il consenso / dissenso / revoca del consenso informato medico, rispettare la volontà del paziente anche in situazioni di emergenza – se è possibile recepirla, sviluppare una adeguata relazione di cura e fiducia col paziente, basandosi sul consenso informato, la struttura sanitaria ha l’obbligo di preparare idonee informazioni, conservare il documento nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico e formare il personale della struttura stessa al fine di una corretta comunicazione con il paziente.

Nel concreto della pratica quotidiana, quindi, è fondamentale per la struttura sanitaria utilizzare uno strumento per il consenso informato che garantisca la correttezza delle informazioni, ne permetta la proposizione al paziente da parte del medico al fine di acquisire il consenso informato, tenga traccia dello stesso; non meno importante, si assicuri che quanto proposto al paziente sia pienamente rispondente a quanto previsto dalla legge 219/17 e verifichi che il paziente abbia effettivamente compreso quanto proposto dal medico.

Con l’introduzione della legge sul consenso informato anche la struttura sanitaria potrebbe rispondere dei problemi relativi all’acquisizione dello stesso.

Il consenso informato, infatti, costituisce prestazione altra e autonoma rispetto a quella avente ad oggetto l’intervento terapeutico, e dunque la violazione dell’obbligo di informazione dà luogo ad un danno suscettibile di ulteriore e autonomo risarcimento rispetto a quello dovuto per l’eventuale errata prestazione medica, anche in ragione della diversità dei diritti pregiudicati.

L’omissione dell’informazione integra una privazione della libertà di autodeterminazione del paziente circa la sua persona, e tale pregiudizio non viene in alcun modo compensato dall’eventuale esito favorevole dell’intervento. Ed infatti, quando il medico, senza previa acquisizione del consenso informato – naturalmente in situazione in cui tale acquisizione sarebbe stata possibile – esegue correttamente sul paziente un intervento chirurgico, che appaia necessario sul piano terapeutico e si riveli anche risolutivo della patologia che il paziente presentava, la lesione alla libertà di determinazione del paziente, cagionata dalla mancata acquisizione del consenso, è comunque idonea a determinare un danno risarcibile.

La L. n. 219/2017 nulla ha previsto riguardo le conseguenze risarcitorie che possono derivare dalla sua violazione da parte del sanitario, considerandosi quindi valevole a tale scopo quanto maturato in giurisprudenza per cui il paziente qualora faccia valere la violazione dell’obbligo di informazione da parte del medico, avrà l’onere di provare che, ove l’informazione fosse stata fornita, avrebbe rifiutato il trattamento sanitario.

Va, infine, precisato che ai sensi dell’art. 7, comma 3, della legge Gelli-Bianco ove sia citato in giudizio il medico, l’azione nei suoi confronti sarà extracontrattuale, con conseguente onere della prova a carico del paziente, mentre nel caso in cui venga citata la struttura sanitaria per la mancata informazione al paziente da parte del medico operante al suo interno, la responsabilità della struttura per il fatto del medico, ex art. 1228 c.c. sarà contrattuale e, dunque, sarà quest’ultima a dover fornire la prova della adeguata informazione.

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