Sua legittimità legata a specificità contestazione che non può però prescindere dal dovere di un’applicazione saggia e motivata per garantire diritto, tutela del lavoro ed efficienza del servizio
E’ legittima una contestazione disciplinare mossa dall’Azienda al dirigente medico che non contenga una descrizione chiara e puntuale della condotta posta in essere dal destinatario dell’addebito?
E’ sufficiente, in tal senso, la circostanza che il dirigente medico sia stato messo in condizione di accedere agli atti del procedimento che lo riguarda in epoca successiva all’avvio dell’azione disciplinare?
La contestazione di addebito, il primo passo
Anche nel rapporto di lavoro pubblico, come in quello privato, la sanzione disciplinare deve essere necessariamente preceduta da una contestazione di addebito.
E’ principio pacifico della Corte di Cassazione quello secondo cui la contestazione disciplinare inviata al dipendente ha lo scopo di consentire all’ “incolpato” di difendersi immediatamente dalle accuse mosse dal datore di lavoro.
Per tale ragione, la stessa deve necessariamente essere specifica, nel senso che deve contenere tutte le indicazioni necessarie e/o essenziali per individuare, nella sua materialità, la condotta addebitata.
In proposito, è bene chiarire che in sede disciplinare la contestazione, non obbedendo ai rigidi canoni che presiedono alla formulazione dell’accusa nel processo penale e ad uno schema precostituito, deve modellarsi in base ai principi di correttezza che riguardano il rapporto esistente tra datore di lavoro e lavoratore.
Ciò che è necessario, quindi, è che l’atto (contestazione) sia idoneo a soddisfare l’interesse dell’incolpato ad esercitare appieno il proprio diritto di difesa.
Sulla scorta di tale principio di carattere generale, la Corte di Cassazione ha chiarito che risultano rispettati i principi di correttezza e garanzia del contraddittorio quando gli atti richiamati nella contestazione sono già a conoscenza dell’interessato, in quanto, in tal caso, quest’ultimo viene immediatamente posto nella condizione di svolgere un’adeguata difesa.
Per contro, sempre a detta della Suprema Corte, tali principi non risultano rispettati quando la contestazione non contiene gli elementi necessari per l’individuazione dei fatti addebitati e l’integrazione necessaria per soddisfare il principio di specificità deve essere operata con atti in possesso del solo datore di lavoro che lo stesso non ha preventivamente portato a conoscenza del dipendente.
Il giudizio sulla sussistenza o meno del requisito della specificità dipende, quindi, da quanto il lavoratore è in grado di apprendere, dalla semplice lettura della contestazione, ciò che gli viene addebitato.
Ne deriva che la possibilità per il datore di lavoro di “rinviare” a fonti esterne è consentito solo se tali fonti sono già conosciute dal lavoratore. In tal caso, infatti, il dipendente è posto nella condizione (e quindi in grado) di comprendere i fatti per i quali l’iniziativa disciplinare è stata intrapresa già nel momento in cui riceve l’atto.
Diritto di accesso agli atti istruttori del procedimento
Il Decreto Legislativo n. 165 del 2001, art. 55 bis, nel prevedere espressamente che “il dipendente ha diritto di accesso agli atti istruttori del procedimento”, assicura al dipendente “incolpato” un’ulteriore garanzia difensiva, in quanto, per potersi difendere efficacementedalle accuse, deve poter conoscere gli atti istruttori sui quali si fonda la contestazione disciplinare.
Il diritto del dipendente incolpato di accedere agli atti istruttori del procedimento, non è, però,da intendersi come sostitutivo della garanzia fornita dal requisito della specificità della contestazione, ma si aggiunge ad essa.
Ciò, in ragione del fatto che il principio di specificità della contestazione è volto ad assicurare che il contraddittorio tra le parti si svolga solo ed esclusivamente sullo specifico addebito contestato.
A tale principio si correla, peraltro l’ulteriore fondamentale principio sul quale l’intero procedimento disciplinare è fondato, e cioè quello che vieta al datore di lavoro di sanzionare il dipendente per fatti diversi da quelli contestati (principio di immutabilità della contestazione: le informazioni e le circostanze contenute nella contestazione di addebito devono essere coincidenti con quelle incluse nel successivo provvedimento disciplinare).
Specificità della contestazione
Da quanto rappresentato deriva che, così come ritenuto dalla Corte di Cassazione, la contestazione deve essere specifica e tale fondamentale presupposto non può essere superatodal fatto che l’accesso agli atti consenta a quest’ultimo di venire a conoscenza di tutti i dati necessari a circostanziare l’addebito disciplinare.
In buona sostanza, il datore di lavoro non può sopperire a tale fondamentale mancanza (genericità o, comunque, non specificità della contestazione), consentendo al dipendente incolpato – successivamente alla contestazione medesima – l’accesso agli atti del procedimento.
Impugnazione del provvedimento
Da quanto esposto, deriva che il dirigente medico raggiunto da una contestazione disciplinare che non contenga una descrizione chiara e puntuale della condotta e/ o un chiaro riferimento ai fatti su cui l’addebito si fonda, pur avendo avuto accesso agli atti istruttori del procedimento, avrà facoltà di impugnare giudizialmente il provvedimento disciplinare per rivendicarne l’illegittimità, essendo stato in tal caso violato il proprio diritto di difesa.