Esiste possibilità di riconoscimento anche quando il corso di specializzazione abbia durata e contenuti diversi da quelli previsti nel nostro Paese
Il riconoscimento di un titolo professionale preso all’estero è regolato integralmente dal D. Lgs n. 206, del 09/11/2007, che si applica anche ai titoli ottenuti in Paesi extra Unione europea in virtù di quanto previsto nell’art. 60 del medesimo decreto.
Il problema è il seguente: io sono un medico extracomunitario (o anche italiano ma cresciuto in un Paese extra Ue fino al momento della laurea in medicina e della specializzazione, ma è evidente che questo è un caso residuale, mentre sono ormai numerosi i casi di medici che hanno conseguito la laurea o la specializzazione nei Paesi Arabi, in Sudamerica o in Estremo Oriente, insomma nel loro paese d’origine). Il riconoscimento del mio titolo professionale in Italia è demandato al Ministero della Salute che decide con decreto, esaminando la documentazione cartacea attestante non solo il possesso del titolo ma anche e soprattutto le materie studiate, gli anni di corso e le ore di corso per materia. Se materie anni e ore, di cui sopra, sono sostanzialmente sovrapponibili a quelle previste nel ns Paese, nulla questio.
La posizione del ministero della Salute
In caso contrario, normalmente il Ministero ha purtroppo l’abitudine di respingere la richiesta di riconoscimento in modo ultimativo e senza preoccuparsi di fornire alcuna indicazione in ordine alle modalità utilizzabili per superare le differenze riscontrate nella preparazione, cosicché per il candidato sembrerebbe possibile soltanto prendere una nuova specializzazione in Italia.
Il percorso previsto dalla Legge per il riconoscimento
In realtà il D. Lgs 206/07 è costruito proprio per prevedere uno strumento che consenta di sanare le carenze di preparazione, eventualmente riscontrate, e di testare nel merito
Le capacità professionali dell’aspirante medico specialista.
L’art 16 del D. Lgs 206/07 prevede che per la valutazione dei titoli acquisiti dal candidato al riconoscimento il ministero indica una Conferenza dei Servizi, vale a dire costituisca una commissione di valutazione, sostanzialmente formata da un rappresentante del Ministero della Salute, uno degli Affari Esteri ed uno del Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie (occorre in proposito ricordare che il D.Lgs nasce per essere applicato ai cittadini comunitari e la successiva estensione anche ai cittadini extra comunitari non ha visto, come spesso avviene, un adeguato intervento sul testo: è infatti evidente l’inutilità della partecipazione di un funzionario esperto di politiche comunitarie per valutare il titolo, per esempio, di un medico coreano).
La partecipazione di un medico
Fortunatamente è previsto che in tale Conferenza dei Servizi sia sentito un rappresentante dell’Ordine dei Medici. Tale rappresentante non sembra avere diritto di voto, ma è evidente che sarà l’unica persona competente a valutare l’effettiva capacità dell’aspirante al riconoscimento.
Cosa avviene in caso di inadeguatezza del corso di studi extracomunitario
Nel caso in cui la formazione ricevuta riguardi materie diverse da quelle il cui studio è richiesto in Italia, o risultino altre differenze nella formazione e nei tempi della stessa, è previsto che la commissione individui un “tirocinio di adattamento non superiore a tre anni o una prova attitudinale”.
Questo è l’elemento fondamentale: il Ministero della Salute non può limitarsi a dire che il titolo estero è inadeguato in Italia, ove siano ravvisati gli elementi comunque di validità nella formazione ricevuta fuori Italia è onere della Conferenza dei Servizi prevedere una cd misura compensativa, vale a dire una forma di preparazione teorico-pratica (tirocinio) o una prova attitudinale al fine di valutare se, al di là delle materie seguite, vi sia una competenza sufficiente. Anche in tal caso è ovvio ritenere che il rappresentante dell’ordine professionale avrà la maggiore responsabilità in questa decisione, sia per quanto riguarda il tirocinio che la prova attitudinale.
Cosa fare se il Ministero della Salute rigetta la domanda di riconoscimento
Il rifiuto immotivato da parte del Ministero della Salute di attivare la Conferenza dei Servizi consente una sola reazione: il ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale al quale può essere chiesto, perfino in via di sospensiva e quindi con termini decisionali brevissimi, di ordinare all’amministrazione di provvedere attivando la procedura per il riconoscimento del titolo.
D’altronde, non si comprende l’atteggiamento negativo tenuto spesso dal Ministero. Infatti l’espressione della commissione di valutazione non può che condurre ad una valutazione nel merito della competenza e ad una preparazione integrativa (“compensativa”) che consenta di utilizzare appieno le professionalità di un medico straniero consentendo così di utilizzarne le capacità, ove esistenti, e di soddisfare il convergente interesse del nostro Paese, ad avere dei bravi professionisti, e del medico non comunitario, a vedere riconosciuta la sua dignità e la sua professionalità.