Il medico che abbia programmato un intervento urgente e successivamente lo rinvii senza giustificato motivo, in caso di morte del paziente è responsabile per colpa grave
Il fatto
Una paziente veniva ricoverata di sabato, con diagnosi di epatogestosi della propria ginecologa di fiducia, confermata dalle prime analisi. Il primario di Ostetricia, constatata l’esistenza di sofferenza fetale, fissava un parto cesareo urgente, per il lunedì successivo. In tale data, però, lo rinviava di un giorno, senza esplicitare alcuna giustificazione e, soprattutto, senza disporre alcun tipo di accertamento, neppure la ripetizione del tracciato cardiotocografico.
Purtroppo nella notte tra il lunedì ed il martedì il feto moriva e, nella causa penale successivamente sorta, veniva dichiarata la penale responsabilità del primario, essendosi ritenuto che ove tempestivamente effettuato, il cesareo avrebbe salvato la vita del nascituro.
Pur verificatasi la prescrizione, la responsabilità veniva comunque confermata in sede di appello.
Contro tale sentenza ricorreva in Cassazione il condannato assumendo che, in ogni caso, poiché il cesareo non è segnalato dalle linee guida come particolarmente indicato in caso di epatogestosi, al massimo egli sarebbe stato responsabile di colpa lieve non attingibile in sede penale.
L’argomento in punto di diritto
Il primario nel ricorrere in Cassazione, lamentava la violazione dell’art. 3 comma 1 della L. 8 novembre 2012 n. 189, evidenziando come il disposto del medesimo, escluda la responsabilità penale per colpa lieve dell’esercente la professione sanitaria, il quale si attenga a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica, le quali non prevedono il parto cesareo come intervento da praticarsi nei casi di epatogestosi, quale quello riscontrato nei confronti della persona offesa.
In altre parole, il ricorrente, sosteneva che nel rinviare l’intervento con l’asserito scopo di valutare la opportunità (alternativa al parto cesareo), di un parto indotto farmacologicamente, si sarebbe attenuto alle linee guida stabilite per il parto in una condizione di epatogestosi e dunque, l’errore commesso nel non intervenire tempestivamente sarebbe stato da considerare lieve, escludendosi conseguentemente la responsabilità in sede penale.
La sentenza della Suprema Corte
La Corte di Cassazione con sentenza del 10 gennaio 2014 n. 660, ha rigettato il ricorso stabilendo che:
“Il rinvio di un intervento urgente, senza che vi sia stato alcun monitoraggio delle condizioni del paziente,
esclude la configurazione della colpa lieve, richiesto come elemento soggettivo di esclusione della
responsabilità penale del sanitario.”
Secondo gli ermellini, la condotta tenuta nel caso in esame dal medico, deve essere considerata (diversamente da quanto sostenuto nel ricorso), come contraria alle “buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica”, non potendosi parlare di colpa lieve nella fattispecie per la grave negligenza e imperizia tenuta dal medesimo.
Difatti, “il parto cesareo era stato in concreto programmato come intervento urgente escludendo che il rinvio dell’operazione, oltretutto non accompagnato da un monitoraggio cardiografico della paziente, fosse conforme a buone pratiche. La circostanza secondo la quale il feto cessava di vivere la notte seguente alla giornata programmata per il taglio cesareo, rende coerenti le conclusioni della sentenza dei giudici di merito sull’essere, tale intervento, l’unico a quel punto idoneo ad impedire l’evento letale.
Il rinvio di un intervento già programmato come urgente, senza alcun monitoraggio delle condizioni del paziente, esclude la configurazione della colpa lieve, richiesto come elemento soggettivo di esclusione della responsabilità penale del medico”.
Le conclusioni
In buona sostanza, se era stata ritenuta la necessità di un parto urgente e per tale motivo programmato per il primo giorno utile dopo quello del ricovero, in assenza di qualsiasi elemento dovuto ad eventuali ulteriori verifiche e controlli, risulta privo di qualsiasi giustificazione sia il rinvio del parto cesareo in sé, sia l’eventuale ricorso ad un parto indotto farmacologicamente che evidentemente è soggetto ad un ulteriore allungamento dei tempi.
L’assenza di motivazione nel rinvio, configura una colpa che non può essere certo qualificata come lieve.
Di conseguenza, la Cassazione ha rigettato il ricorso e confermato la condanna al risarcimento dei danni cagionati alla paziente. Il rinvio di un intervento già programmato come urgente, senza alcun monitoraggio delle condizioni del paziente, esclude la configurazione della colpa lieve, richiesto come elemento soggettivo di esclusione della responsabilità penale del medico.
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