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COVID-19, vaccino e sicurezza nelle strutture sanitarie

L‘informazione agli operatori risulta essere di fondamentale importanza per incentivare l’adesione alla vaccinazione

L’argomento vaccinazione contro il virus SARS-CoV-2, riferito in particolare al mondo lavorativo e agli obblighi e diritti di aziende (il Testo unico della sicurezza sul lavoro che impone all’azienda, su conforme parere del medico competente, la messa a disposizione di vaccini efficaci per determinate categorie di lavoratori) e i dipendenti divisi tra aventi diritto e non, scettici e favorevoli, provoca contrasti e discussioni all’ordine del giorno.

Molti sono gli apporti di professionisti, studiosi, enti e associazioni che affrontano la problematica partendo dal dato principe, ovvero che proprio il vaccino sia lo strumento risolutivo per superare l’emergenza Covid-19. Lo psicologo, ad esempio, prende in esame in particolare la decisione di vaccinarsi o meno, e le conseguenze che tale scelta potrebbe determinare all’interno del rapporto datore di lavoro-lavoratore. 

Entrando nel merito della sicurezza nelle strutture socio-sanitarie, l’informazione rivolta agli operatori risulta essere di fondamentale importanza per incentivare la partecipazione alla vaccinazione, ritenuta prioritaria come criterio di prevenzione contro il rischio biologico da infezione SARS-CoV-2.

L’infezione da Coronavirus, secondo l’art. 42 del D.L. 18/2020, successivamente convertito in legge n.27/2020, può essere equiparata ad un infortunio sul lavoro (art. 2 del D.P.R. n.1124/1965), paragonando così la causa violenta propria dell’infortunio alla causa virulenta propria del Covid-19, avvenuta in occasione di lavoro e riconosciuta presunta (ex art.2729 CC) per gli operatori sanitari in ragione dell’alta esposizione al rischio (circolare INAIL n.13/2020).

La sicurezza dei luoghi di lavoro

Come può quindi il datore di lavoro operare per mettere in sicurezza i luoghi di lavoro? Quali obblighi gravano sul lavoratore per ridurre il rischio di contagio ai sensi del D.Lgs. 81/2008? 

Quelle che il datore di lavoro deve assicurare, ai sensi dell’art. 2087 CC e del D.Lgs. 81/2008, sono le misure preventive necessarie a tutelare l’integrità fisica dei lavoratori e di chiunque altro sia presente nei luoghi di lavoro, come gli utenti nelle strutture sanitarie e socio-sanitarie.

A tale proposito, la legge n.24/2017 stabilisce all’art.1 che la sicurezza delle cure è parte costitutiva  del  diritto alla salute, previsto dall’art. 32 della Costituzione,  ed  è  perseguita  nell’interesse  dell’individuo e della collettività.

All’art.5, inoltre, la stessa legge prevede per gli esercenti le professioni sanitarie l’obbligo di seguire le raccomandazioni previste dalle linee guida, elaborate da enti e istituzioni pubblici e privati noncdalle società scientifiche e dalle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie iscritte in apposito elenco  istituito  e regolamentato con decreto del Ministro della salute, in  mancanza  delle  quali raccomandazioni, gli esercenti le professioni sanitarie devono attenersi alle buone pratiche clinico-assistenziali derivanti dalle evidenze scientifiche.

L’art. 129 del D.Lgs 106/2009 sostiene invece che per i lavoratori esposti ad agenti biologici e sottoposti a sorveglianza sanitaria a carico del medico competente (art.41 del D.Lgs 81/2008), il datore di lavoro ha l’obbligo di adottare misure protettive (art. 279 del D.Lgs. 81/2008) tra le quali:

– la fruizione di vaccini per i lavoratori non ancora immuni all’agente biologico

– in caso di inidoneità, allontanamento dal luogo di lavoro del lavoratore (temporaneo o permanente)

Ovviamente, in questo contesto, risulta essenziale anche il fatto che il lavoratore stesso si prenda cura della propria salute, della propria sicurezza e di quella degli altri colleghi presenti sul luogo di lavoro (art. 20 del D.Lgs. 81/08), contribuendo all’adempimento degli obblighi previsti dal Testo Unico della sicurezza, ovvero l’osservanza di tutte le disposizioni e istruzioni impartite da datore di lavoro, dirigenti e preposti.

Le vaccinazioni

Sul tema delle vaccinazioni si è espressa anche la Corte Costituzionale che con sentenza n. 5/2018afferma che l’art. 32 lega il diritto alla salute della persona singola, e suo conseguente comportamento, al coesistente e reciproco diritto degli altri a salvaguardare la propria salute.

Da ciò si evince che una legge impositiva di un trattamento sanitario non risulta incompatibile con il parametro costituzionale, qualora esso sia diretto non solo a preservare la salute di chi è interessato ma anche quella della collettività.

La stessa Corte Costituzionale, con sentenza n. 137/2019, ha invece ritenuto illegittime le norme regionali che prevedevano, da parte delle direzioni sanitarie, l’imposizione vaccinale dei propri dipendenti, ma solo nel momento in cui la vaccinazione risulti essere non raccomandata da buone pratiche o da linee guida derivanti da evidenze scientifiche (art. 5 L. 24/2017).

Risulta quindi essere un senso di responsabilizzazione per i lavoratori il rispetto delle misure di prevenzione per la salute individuale e collettiva per contrastare il rischio biologico infettivo.

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